29 Febbraio 2016
Di
Federica Verona

Gratosoglio: dagli skaters, agli orti, al teatro viola, al book crossing

Gratosoglio

L’appuntamento del terzo tour di SUPER è alla mattina presto, il 23 gennaio, in Via dei Missaglia per andare a visitare gli orti, la prima tappa della giornata. E’ un sabato freddo ma di sole, qualcuno arriva puntuale, qualcuno meno, qualcuno arriva in bicicletta, sotto lo sguardo ammirato degli altri. In questo tour, ci sono anche dei volti nuovi e ne siamo contenti.

Incontriamo Mario che abbiamo contattato qualche giorno prima spiegandogli cosa stiamo facendo, è molto felice di accoglierci e ci dice che alla mattina, il sabato, è un buon momento per visitare gli orti, proprio perché gli ortisti sono già all’opera. Mario, mentre aspettiamo qualche ritardatario, incontra dei colleghi che passando di lì si fermano e commentano con lui il freddo di stagione. Arrivati tutti, Mario ci conduce verso un vialetto, in mezzo ad una cornice di palazzoni, separati dagli orti grazie ad un grande prato dove già c’è qualcuno che si allena correndo.

Dall’altra parte il 3 sferraglia su Via dei Missaglia, in mezzo una striscia di orti divisi da pareti di legno, reti e materiali di recupero. Mario e il suo amico Ugo ci fanno entrare in una delle venti porzioni, ben curata e ben tenuta. Gli ortisti, si impegnano a tenere le loro piante da frutto nel loro habitat naturale da quarant’anni.

Ci spiegano anche che sono una comunità di venti persone, molti pensionati, e si aiutano a vicenda nell’attività lavorativa quotidiana, all’inizio erano un po’ più chiusi e ognuno stava sulle sue ma poi negli anni si è costruita una comunità più aperta.

Non hanno chiesto di essere riconosciuti dal Comune perchè hanno sempre molto da lavorare, e il tempo per seguire le cose è poco. Le comunità di orti abusivi a Milano sono tantissime.

Certo, i giovani sono pochi, ma il Comune ora ha indetto un progetto per cui se un gruppo di persone fa richiesta può avere uno spazio da gestire. Ci spiegano che però questa cosa dell’essere orti legali porta con sé delle difficoltà per gli ortisti, per esempio il fatto di poter avere l’acqua è un problema, servono richieste e tempi molto lunghi perché il Comune non la fornisce insieme all’orto. Da abusivi loro hanno invece attivato tutto da subito. E come fanno con l’acqua? Beh, ai tempi passava una roggia, perché gli orti nascevano vicino alle vie d’acqua. Fino a tempo fa si attingeva dai tombini, si arrivava prestissimo al mattino si aprivano i tombini e si prendeva l’acqua da lì. Oggi hanno costruito loro i pozzi. Anche se sono abusivi il Comune conosce la loro realtà e la apprezza, sono anche andati a visitarli. Sono al corrente anche dei loro pozzi abusivi, e ora sembrerebbe che sia stato avviato un processo di assegnazione proprio perché il Comune riconosce il loro impegno e la loro storicità. Avere un orto comunque non è semplice, ci sono molti problemi di manutenzione: ad esempio il materiale che avanza dalle potature, o le foglie raccolte, non si sa dove metterlo perché il comune non da la possibilità di raccogliere il materiale prodotto dagli orti, non si può bruciare e si dovrebbe portare agli spazi ecologici per cui serve una macchina privata, inoltre non si possono portare più di cinque sei sacchi al giorno. Mario e Ugo ci raccontano della loro quptidianeità e delle loro piante, passiamo con loro un’oretta ma è già tempo di andare, perché ci aspettano a Gratosoglio e la giornata è ancora lunga. Così, tempo di fare loro un ritratto fotografico, di liberare Nicolò rimasto chiuso in un orto, visitarne furtivamente un altro dove ci dicono che quest’estate faranno concertini e spettacoli, siamo già in moto verso Gratosoglio.

Arriviamo in via Baroni con un po’ di ritardo, ad aspettarci c’è Ivana che gestisce il laboratorio di quartiere Gratosoglio. Con lei Kadijia e Rita. Ci accomodiamo, consapevoli di essere in tanti e molto curiosi, così a videocamera accesa e macchine fotografiche a portata, inizia un bel racconto fiume. Ivana ci presenta Kadijia e Rita e ci spiega perché le ha coinvolte, loro rappresentano due realtà di quartiere e hanno un forte legame con lo spazio del laboratorio. Rita infatti cura il book crossing e partecipa ad una associazione che si chiama Informare Gratosoul, invece Kadijia fa parte dell’associazione Intrecci. E’ una tosta, Kadijia, perché ha avviato un corso di italiano per donne straniere che è talmente cresciuto da dover cercare un altro spazio. Il laboratorio è un servizio del comune di Milano nato attraverso un appalto nel 2006 che poi si è ripetuto nel 2012. I laboratori sono 5 e fanno riferimento al contratto di quartiere, uno strumento della stagione degli anni 90, uno strumento di quelli che per primi hanno cercato di coniugare la riqualificazione delle strutture ma anche delle dinamiche sociali.

In realtà il Laboratorio è uno sportello che nasce con un Piano di Accompagnamento Sociale aperto al pubblico per informare, all’epoca, gli abitanti sull’andamento dei lavori che, nel 2012, quando è arrivata Ivana, erano già conclusi. Poi lo sportello è rimasto un luogo di riferimento per l’ascolto e la raccolta della esigenze degli abitanti del quartiere. Il Gratosoglio è ricco di verde e questa è una cosa molto positiva, e se vi costruiscono, come nell’occasione dell’edificio inaugurato non molto tempo fa e dedicato a uomini separati, le reazioni degli abitanti non sono così positive. Il rischio è che si aggiungano problemi a problemi e questo impaurisce un po'. Il laboratorio è una presenza molto importante perché fa da connettore di tante realtà che partono dal basso e dagli abitanti stessi, ci dice Ivana. Tuttavia non è facile, ci spiega, perché non c’è grande entusiasmo e la gente fa molta fatica ad uscire di casa. Anche Rita ci racconta di stagioni diverse, un tempo c’era più voglia di mettersi in gioco, ora la gente rimane chiusa, al massimo va al Centro Commerciale. Ma per chi ha voglia il book crossing, ad esempio, è uno strumento per socializzare e passare un po’ il tempo in maniera intelligente. Anche Kadijia ci racconta della sua attività, ma con un altro punto di vista. Spiega che è molto frequentata la sua associazione ed è nata proprio per utilizzare al meglio il tempo libero, ora è frequentata da donne di molte nazionalità e si fanno corsi di cucina, si organizzano momenti per stare insieme. Non si aspettava tutto quel successo.

Dall’altra parte però anche lei conferma che il quartiere è triste, poco vitale. Soprattutto per i giovani, ci invitano infatti ad andare a trovare, nel pomeriggio, i ragazzi della Cascina Occupata. Ci spiegano sono proprio le loro figlie quelle più attive. Dopo aver risposto a moltissime delle nostre domande, Ivana ci porta in tour nel quartiere, ci seguono anche Kadijia e Rita, e ci raccontano degli spazi vuoti di Aler, con i riscaldamenti accesi e con gli affitti troppo alti per essere affittati. Così è impensabile che si sviluppino attività. L’oratorio, le scuole, il verde, un potenziale enorme poco sfruttato.

Così si alzano le nostre aspettative sulla Gratobowl la nostra prima tappa del pomeriggio. Finiamo tardi, colpevoli, facciamo fare tardi ad Ivana, rapiti dai suoi racconti e dalla sua passione e conoscenza di quello che è un quartiere progettato con tutt’altri intenti. Le torri di BBPR lo dimostrano. Deve proprio scappare, la salutiamo, ringraziandola per il suo tempo, e ci facciamo consigliare un posto per il pranzo. Non c’è molto, solo due panetterie, Kadijia ce ne caldeggia una, Rita un’altra. Vince quella di Kadijia che ci raccomanda in arabo. Ci sediamo ordinando un po’ di pizze, occupiamo il locale e, iniziamo a parlare di primarie facendo partire un toto voto virtuale.

Tempo di un caffè e raggiungiamo la Gratobowl. Un posto incredibile. Il tramite è Daniele, dell’associazione Milano Skateboarding. Sotto il sole delle due del pomeriggio ci fa salire sulla bowl per l’intervista, chiama due ragazzi, Gabriele e Mattia, i loro amici, incuriositi dalle telecamere, si mischiano a noi di Super, noi puntiamo videocamere e macchine fotografiche come al solito, e nel sottofondo delle tavole da skate che inseguono le onde di cemento, inizia il racconto. Lì un tempo, ci dice Daniele, c’era unvecchio Skatepark usato dal quartiere e dalla comunità di skaters, ad un certo punto il Comune (Assessorato allo sport e al benessere) promuove a maggio del 2014 il "Piano Skateboard". A quel punto l'associazione Milano Skateboarding chiede un appuntamento al Comune proponendo in maniera costruttiva un'altra idea di "Piano" proponendo di investire in maniera diversa e più corretta le risorse a disposizione, e lo propone da consumatore vero di quello spazio. Il Comune, apprezzandone gli intenti, ha deciso di accogliere la proposta mettendo alla prova i ragazzi.

Così ha affidato i lavori di progettazione a Milano Skateboarding che a sua volta ha affidato ad Andrea Paulicelli e Daniele Lamanna la progettazione del nuovo"Piano Skateboard". Gratobowl, oggi è un luogo di riferimento importantissimo per gli skaters, non la usano solo quelli del quartiere ma ci va gente sia di Milano ma anche dall’Europa, all’inaugurazione era davvero pieno di gente. Prima c'era il park di Gratosoglio, gettato in opara e famoso per tutti gli skaters degli anni 80-90, a oggi si contano non meno di 20 skatepark in cemento realizzati in tutta Italia.

I ragazzi iniziano ad andare sullo skate giovanissimi e prevalentemente è uno sport maschile, purtroppo per loro, ci dicono. Le ragazze dietro timidamente spiegano che per loro è troppo pericoloso e la pista è davvero troppo alta. La Bowl è un luogo di riferimento anche per chi non fa skate ma per i giovani di Gratosoglio. Gabriele ci racconta della casa occupata e ci propone di andare a fare un giro. La stessa casa di cui ci parlavano Rita e Kadijia, così li seguiamo, lasciando gli altri volare sullo skate, in un’altra passeggiata per il quartiere, alla volta della GTA Gratosoglio autogestita, che ha contribuito moltissimo, insieme a CameraSudMilano e Gratosoul, alla realizzazione della Bowl.

Per strada ci raccontano che sono loro, spesso, a sistemare aiuole e verde, ci mostrano di nuovo la tristezza dei negozi vuoti di Aler e ci spiegano che lì nessuno verrà ad aprire nessuna attività perché tanto, lì muore tutto. Per questo hanno voluto occupare, per restituire una dignità al posto in cui vivono. Arriviamo alla cascina, che confina con il progetto di Cino Zucchi per la piazza. Ora deserta. Ci fanno entrare orgogliosi del loro lavoro. Hanno sistemato e ripulito un po’ tutto, si scaldano con il caminetto ma ci sono ancora un sacco di lavori da fare, dicono. Ci aprono delle panche e ci fanno sedere.

Al centro, sedute, le figlie di Kadijia e Rita, ci raccontano che li vogliono sgomberare, quelli del PD. Hanno beccato un loro post su facebook dove difendevano la manifestazione Black Block contro Expo il primo maggio e questa cosa non è ben vista. Però ci raccontano che per loro occupare significa ridare una identità al quartiere, non ci pensano le istituzioni? Lo fanno loro. Vogliono capire qual è la domanda delle famiglie, cosa manca e cosa si può fare per uscire da una condizione che loro definiscono di “abbandono”. Il loro agire è motivato da buone intenzioni, vogliono cambiare, rivoluzionare. Hanno fatto assemblee, concerti, vogliono fare dei corsi aperti. Rimaniamo ad ascoltarli per un po’, gli diamo qualche consiglio e poi li salutiamo per andare al Pim Off.

Per strada passiamo davanti al Gustop, una bella realtà che ci avrebbe fatto piacere incontrare ma che in quel giorno era chiusa nell’attesa del candidato sindaco alle primarie.

Dopo un pomeriggio al freddo il Pim Off ci accoglie con del tè caldo, biscotti e mandarini. Un posto magico immerso in una luce viola, una musica rilassante e alle pareti e ovunque opere d’arte meravigliose. Le opere di un collezionista, il mecenate del Pim Off. Ce lo racconta la moglie, Maria Pietroleonardo che ha fondato il teatro ormai molti anni fa. Insieme a lei Antonella Miggiano. Ci fanno sedere attorno ad un tavolo e prima di fare il giro del teatro ci raccontano un po’ la loro storia.

Uno spazio teatrale, anche se non sembra. Nasce prima in via Tertulliano in zona 4 in un capannone sempre in periferia, dalla passione per il teatro di Maria e da un gruppo di giovani con tanta energia che ne hanno fatto un formato diverso dai soliti teatri. Tutti i critici e le compagnie volevano arrivare per vedere cosa fosse e dopo qualche tempo è arrivata anche la convenzione dal Comune. I Pari e Dispari di Zelig, poi, hanno dato loro una bella mano perché il teatro si riempiva sempre. Maria, l’anima e il cuore di tutto, ha sempre avuto tantissima passione, che l’ha salvata da momenti difficili. Allora il direttore del Pim era Massimo Bologna. Era nata una fucina incredibile. Il marito e mecenate, ha una ditta di stabilimenti di farmaceutica, anche lui è nato dal niente, ha iniziato la sua attività in una cantina. e per amore l’ha sempre sostenuta. Dopo 5 anni le ha segnalato questo spazio, dicendole che sarebbe stato migliore dell’altro e ha molto insistito. Per lei è stata dura cambiare perchè amava tantissimo Via Tertulliano. Ma alla fine si è convinta. E’nato il nuovo Pim, il PimOff.

Un gruppo diverso, una nuova identità in un territorio diverso, ed è stato molto difficile perché ora stanno in una zona dormitorio, ci sono piccole realtà che fanno cose ma non sono molte. Pochi sono i giovani e molti sono gli anziani che non si affacciano. Quando l’ingresso è gratuito arrivano, ma non essendo il PimOff sulla strada uno lo deve proprio sapere che c’è. Il teatro chiaramente, ci dice Maria, dialoga con altri teatri ma si deve anche differenziare rispetto al Ringhiera, ai Colla e agli altri. Così le stagioni sono proprio diverse. Antonella racconta delle diverse strategie che hanno adottato. Oltre alla stagione c’è un programma di residenze, dei bandi, e un progetto di formazione. La programmazione è molto attenta alle realtà indipendenti e anche a quelle non ancora famose. Noi un po’ stanchi ma molto rapiti facciamo molte domande, affascinati da quel clima così magico e inaspettato. Prima di farci fare un giro, Maria ci legge uno sritto composto da lei su cos’è il teatro. Ci commuove. La applaudiamo e ci spostiamo a vedere il palcoscenico, i camerini e tutta la struttura. Alle sette le salutiamo lasciandole andare all’incontro del Gustop.

Interrogandoci su quanto nei quartieri spesso si fatichi a divulgare cultura e attività di coesione, su quanto la gente si stia chiudendo in casa sempre più ignara di quante realtà possano offrire attività di tipo diverso. Ma in fondo questo è uno dei motivi per cui abbiamo voluto far nascere SUPER, sperando che diventi un veicolo per raccontare anche le perle di alcuni quartieri che sembrano lontane ma invece sono solo a 15 minuti dai Navigli, basta andarle un po’ a cercare, quello che noi facciamo è provare ad illuminarle. Foto di Chiara Lainati e Diletta Sereni Testo: Federica Verona